di mariarosaria alfieri | criminologa |

Uomini e donne comuni che, per le loro tragiche vicende, lasciano un segno nella storia criminale del nostro Paese. Protagonisti diversi tra loro ma accomunati dall’aver sconvolto per sempre e inesorabilmente la propria vita e quella degli altri. Storie che ci rendono spettatori increduli, ci spaventano e tormentano per la loro atrocità.. Persone apparentemente “normali” che all’improvviso si rendono capaci di gesti estremi, di atroci crimini. Ma perché? Sono pazzi? Perché scelgono di fare cosi tanto male? Sir Arthur Conan Doyle, creatore del mitico Sherlock Holmes, diceva che il crimine è una cosa comune. La logica è rara. Tuttavia è sulla logica che dovresti insistere… Molto spesso quella logica ci racconta di misere vicende umane, di solitudine, disagio, assenza di valori, cattiveria…poco o nulla di pazzia. Un aspetto caratteristico del momento storico in cui viviamo e del nostro mondo iper-tecnologico e mass-mediatico, è la spettacolarizzazione degli episodi criminali. I mezzi di comunicazione di massa infatti sempre più spesso descrivono gli avvenimenti di cronaca nera con dovizia di particolari agghiaccianti e incuranti della legge sulla tutela della privacy, per vendere di più il prodotto: semplicemente si fa mercato del dolore umano. Si specula per mero guadagno sulla sofferenza, come se fosse una finzione, come se i personaggi del dramma fossero semplici attori che recitano una parte. E per una sorta di gioco perverso, questo a volte accade per davvero. L’interesse ossessivo del pubblico non lascia spazio, spesso al rispetto che si deve davanti al dramma, ma cerca di sapere sempre di più, scavando nella vita privata dei protagonisti e nel piccolo mondo in cui le azioni tragiche hanno avuto luogo. La notizia prima di tutto, che fa di un avvenimento doloroso e strettamente personale un fatto pubblico, per un pubblico sempre più bramoso e affamato, che spesso giudica sulla base di a-conoscenze”. “Siamo ciò che vediamo”. Ciò che vediamo incide su ciò che desideriamo, e ciò che desideriamo ci rende animali folli. Ma il rischio ancora più grave è quello di sminuire una scienza seria e complessa quale la criminologia. Il criminologo, ad oggi non può e non deve essere un opinionista, deve piuttosto essere uno scienziato del crimine. Uno scienziato che partendo dalla sua formazione di base deve poi saper integrare in una visione teoretica le varie scienze che vanno a confluire e a dialogare con la criminologia. Il criminologo deve “entrare” nella mente del criminale e cercare di capire in base ai principi di criminogenesi e criminodinamica perché quel’individuo abbia scelto la strada del male. La criminologia oggi più che mai deve essere prevenzione. Prevenzione primaria, ovvero si deve cercare di spegnere il germe del disagio sin dall’inizio e non nel momento in cui si è già consumata la tragedia. All’indomani di un crimine, siamo tutti molto bravi a giudicare ed emettere sentenze. Compito del professionista del crimine, è pertanto quello di avviare una sana e corretta formazione e informazione. Viviamo in una società ormai in cui si ha un sempre più rapido progresso della scienza e del dominio dell’informazione. L’uomo in questo panorama manifesta sempre più spesso il suo impulso sanguinario e violento praticando l’arte della guerra e della sopraffazione. Oggi in realtà assistiamo ad un fenomeno strano: al crescere delle strutture e sovrastrutture sociali, al crescere della globalità dei processi informativi e di comunicazione, che ogni giorno dettano nuove regole per la convivenza degli individui e dei popoli. A tutto ciò però non corrisponde una pari crescita della capacità dell’uomo di adattarsi a tali mutamenti profondi e spesso repentini, nè tantomeno dominarli attraverso la coscienza e la conoscenza. Elementi fondamentali della società di oggi, sono la globalizzazione dell’economia e la conseguente estensione delle aree di potere politico che tendono a controllare spazi sempre più vasti.. A questi aspetti politico-economici, seguono inevitabilmente gli aspetti giuridici-normativi. Ma quanto più forte è la crescita dei vincoli giuridici tanto più imperioso appare essere il bisogno di trasgressione. Del resto i valori fondamentali che sembrano caratterizzare questa società sono il successo anche se effimero e momentaneo e la ricchezza. Valori che sempre più spesso sono perseguiti indipendentemente dai mezzi utilizzati per il loro ottenimento e conseguente mantenimento, a spese di tutti gli altri valori di tipo morale che appaiono affermarsi solo in modo rituale. Stiamo assistendo ad una perdita d’importanza dell’individuo e del soggetto – uomo rispetto all’avanzare sempre più rapido delle grandi reti sociali. In altre parole il potere dell’individuo si è allargato enormemente, grazie anche al modo virtuale, a internet, ai social network, ma non è più solo suo, appartiene ad un numero sempre crescente e variabile di persone che concorrono con lui a determinare i movimenti complessivi dell’intera società. La famiglia del resto, che dovrebbe costituire ancora un nucleo di base in questa società, già da tempo ha perso le sue funzioni essenziali. La famiglia moderna che già da alcuni anni aveva costituito una struttura minimale formata da padre, madre uno o due figli si è ulteriormente spezzata, diventando cosi famiglia monoparentale. Molti nuclei familiari poi, si spezzano sempre con maggiore frequenza, o addirittura non si formano mai e l’individuo è destinato a restare solo con se stesso. Tra le funzioni che oggi la famiglia ha perso c’è sicuramente quella di assicurare l’educazione e la crescita materiale dei figli a cui sempre più spesso pensano altri soggetti e/o istituzioni, ma che non possono avere la stessa valenza di un padre o una madre. Famiglia che però tende per fortuna ancora a conservare un ruolo nei primi cinque/sei anni di vita del bambino. Si tratta di un ruolo sicuramente complesso che dovrebbe dare al bambino le sue strutture mentali di riferimento, a formare il corpo e la mente. Ma anche in queste funzioni ovviamente la famiglia di oggi è influenzata dalla società e dal contesto di riferimento. Ecco che la crisi della famiglia moderna non è altro che la crisi dell’individuo e che va inevitabilmente a rispecchiarsi nel disagio dei giovani. Un adolescente che esce di casa per approcciarsi per le prime volte al nuovo palcoscenico della realtà sociale, si trova privo di ogni tipo di equilibrio. Proviene magari da una famiglia che non lo tutela nè lo protegge, si affaccia in un nuovo contesto in cui tutto corre velocemente senza offrirgli alcun punto di riferimento. Ha pertanto bisogno di qualcosa a cui appoggiarsi, ecco che nasce il bisogno del gruppo. Il passo però dal gruppo dei pari al gruppo deviante è sempre più labile proprio perchè l’individuo provenendo da una famiglia destrutturata, non ha le basi giuste, le fondamenta idonee per reggere i contraccolpi della vita. Dovremmo pertanto iniziare a pensare a modalità nuove di rapporto con i nostri figli, dovremmo realizzare una nuova pedagogia. Dovremmo educare i nostri figli sin da piccoli al rispetto. Rispetto nei confronti dell’essere umano, che sia esso uomo, donna, bianco, nero, giallo, omosessuale, bambino, anziano etc. Il bambino invece oggi più che mai appare privo di guida e la sua evoluzione non può muoversi che in modo anarchico cosi come si muove la nostra società. L’adolescente di oggi non è altro che il momento di massima crisi di tutta l’evoluzione che ci circonda. Esso può formarsi come uomo capace di governare i cambiamenti, ma al tempo stesso è destinato a dirigersi verso un’evoluzione peggiorativa e regressiva che lo condurrà ad essere un adulto dipendente e schiavo di una realtà che non saprà più gestire. Per ridurre o contrastare i fenomeni criminosi ci vuole una saggia azione di tutela e di prevenzione, in modo da formare un uomo libero di pensare e di agire, un vero cittadino del mondo e non un bambino dipendente e insicuro, manipolato da chissà quale occhio magico del “Grande Fratello”.

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