Quarant’anni fa veniva ucciso, a 26 anni, il giornalista Giancarlo Siani. Passione pura per l’impegno civile e la verità, per il giornalismo che faceva da precario come tutti quelli che iniziano senza clientele e protezioni. Giancarlo Siani raccontava la camorra della Campania, di Torre Annunziata e di ogni altro posto della nostra scellerata regione dove in potere criminale della camorra crea alleanze con la politica e tanto altro. Quarant’anni dopo dobbiamo tanto all’impegno che ha continuato a portare avanti in questi 40 anni il fratello Paolo Siani e oggi anche il figlio di Paolo, Gianmario, che guida la Fondazione Giancarlo Siani. Se il sacrificio di Giancarlo e di chiunque racconta la verità e documenta la verità non è rimasto vano lo dobbiamo a loro al movimento che si è creato a partire da quel 23 settembre del 1985. Nonostante, oggi come ieri, sia dilagante la connivenza tra potere criminale, corruzione e politica.
di francesco de rosa
Il tempo ci dice che sono passati quarant’anni da quella notte in cui il giovane e talentuoso cronista del Mattino che lavorava con passione pur essendo ancora precario veniva ucciso, a 26 anni, dalla camorra. Giancarlo Siani viveva al Vomero lì dove venne assassinato la sera del 23 settembre 1985. Da quel giorno impegno e memoria non sono mai mancati. Nemmeno la sua Olivetti M80, la macchina da scrivere con la quale Giancarlo Siani realizzò oltre 650 tra articoli e inchieste dal 1979 al 1985, è andata in soffitta. Farà un viaggio per l’Italia, in treno con sette tappe e undici appuntamenti. Si comincia domani, 24 settembre, e si parte da San Giorgio a Cremano per finire il 21 ottobre alla Festa del Cinema di Roma. Le altre tappe previste passano per Latina, Fondi, Ravenna, Milano e Torino.
Il lavoro di inchiesta al Mattino
A leggere le origini di Giancarlo Siani, si apprende che venne da una famiglia della borghesia medio-alta partenopea. Che aveva frequentato con ottimi voti il liceo classico Giovanbattista Vico lì dove viveva il fermento politico dei movimenti della sinistra studentesca del 1977. All’Università scelse la facoltà di Sociologia. Ma aveva già iniziato a collaborare con alcuni periodici napoletani – tra cui “Il lavoro nel Sud“, testata della Cisl -interessandosi ai temi sociali. Con alcuni colleghi fondò il Movimento democratico per il diritto all’informazione, di cui diviene portavoce. Scrisse di emarginazione e di criminalità organizzata. Fu in quel momento che iniziò a farlo anche sulle pagine del quotidiano Il Mattino. Era una collaborazione che lo definiva come corrispondente da Torre Annunziata che in quel momento viveva la morsa della camorra. Era solo un corrispondente ma iniziò a fare subito vita di redazione restando ore ed ore a scrivere i suoi pezzi. Firmava manifesti d’impegno civile e democratico. Libera ricorda sul suo sito che Siani era divenuto noto a Torre Annunziata: “Scomodo per chi navigava nelle acque torbide del crimine organizzato, d’incoraggiamento per chi aveva una coscienza civile, ma non aveva il coraggio per urlare“. La decisione di eliminarlo arrivò così e fu presa dopo la pubblicazione di un suo articolo, sul Mattino del 10 giugno 1985 relativo alle modalità con le quali i carabinieri erano riusciti ad arrestare Valentino Gionta, boss di Torre Annunziata. In quell’articolo Siani spiegò che Gionta era diventato alleato del potente boss Lorenzo Nuvoletta , amico e referente in Campania della mafia del super boss Totò Riina. Si era scritta da solo così la sua condanna a morte. Tutto il resto appartiene al dopo. Ai film che lo hanno raccontato, alle interviste fatte anche da noi in questi anni.
Paolo Siani oggi dice con soddisfazione che “la semina di questi 40 anni sta dando i suoi frutti e il nostro obiettivo è affidare questi semi ai giovani affinché possano ricordarlo, prendere tutto il bene e non deviare dal loro percorso di vita“. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, definisce “il messaggio di Giancarlo Siani sempre più attuale. Ed è sempre più attuale non solo per il mondo dell’informazione, quindi per tutte le generazioni di giornalisti, ma è un messaggio vasto, rivolto a tutta la società civile”.
Giancarlo ha aperto un solco. Ha dato coraggio, come ancora oggi accade, a quei pochi suoi colleghi (precari spesso) che non indietreggiano, non fanno salotto ai corrotti, non fanno finta di niente. Le inchieste giornalistiche di Giancarlo sono ancora oggi “un monito” sottolinea Gianmario Siani, presidente Fondazione Giancarlo Siani. Sono “un esempio fondamentale che ci serve molto”, dice Geppino Fiorenza, che ha guidato Libera Campania in quegli anni. Senza mai dimenticare il “grande dolore rimasto, anche perché quella sera del 23 settembre 1985 non fu sufficientemente difeso come doveva. E questo, per noi, è una grande sofferenza“.
Stamattina a Napoli 40 anni dopo, il sindaco Gaetano Manfredi, ha ricordato Giancarlo Siani, con una corona di fiori ai piedi della lapide a poche centinaia di metri dai gradoni a lui intitolati. «Oggi è un anniversario importante perché sono passati 40 anni dal suo assassinio, ma noi ogni anno, con sempre maggiore impegno ricordiamo il suo sacrificio che è sempre attuale. – ha detto Manfredi – L’informazione libera è una leva fondamentale della democrazia, soprattutto coi tanti scenari di guerra che ci sono nel mondo vediamo oggi come i giornalisti siano i primi ad essere colpiti perché rappresentano la libera informazione. Ricordare Giancarlo significa ricordare il ruolo della stampa nella difesa della democrazia e della legalità».








