Le “scuole della legalità”, una rete di azioni, incontri, studenti, istituti, docenti e generazioni contro ogni illegalità

Su queste pagine troverete il racconto della vita scolastica dei tanti istituti, di ogni ordine e grado, che in Campania e in Sicilia fanno formazione ma anche educazione alla legalità. Ogni scuola potrà aderire al nostro progetto e accettare un decalogo con una targa da apporre all’esterno della scuola e la scritta «questa è una scuola dell’anticamorra»


di antonio de michele | dirigente scolastico


Ci sono decine di progetti che ogni anno scolastico vengono realizzati da docenti ed alunni sul tema della legalità. Incontri con le forze dell’Ordine, con associazioni come Libera, con testimoni del coordinamento familiari vittime della camorra. Nelle scuole della Campania passano molte di quelle energie pulite e positive che devono alimentare la società del futuro. E la sorpresa, molto spesso, viene proprio dagli alunni che agiscono, reagiscono, danno un contributo di idee e l’entusiasmo tipico dell’età che hanno. Non conta da dove vengono e in quale famiglia vivono gli alunni. Conta che molte volte hanno in mente il riscatto di una terra e, soprattutto, un sogno per se stessi. In una scuola della provincia di Napoli tra i compiti dei ragazzi un insegnate trovò scritto che i propri alunni ringraziavano la camorra perché li proteggeva. La notizia e quei compiti scritti dai ragazzi fecero il giro dei media. Tant’è che il 21 aprile del 2008 la brava cronista Daniela De Crescenzo, sulle pagine de il Mattino, ebbe a documentare, con dovizia, quegli scritti che così ricostruì:
«Quando esco mi capita di vedere nel mio quartiere grandi mappaglie di persone che spacciano, ma a noi della zona ci proteggono». Anna, tredici anni, racconta con disincanto la vita tra Miano e Scampia, in quel triangolo della morte teatro di una guerra di camorra che ha prodotto settanta vittime. Scuola media Salvo D’Acquisto, Miano. L’istituto è lo stesso dove i ragazzi hanno realizzato un fotoromanzo anticamorra per dire no alla criminalità e alle violenze striscianti che spesso subiscono per il solo fatto di vivere e studiare nel loro quartiere. Ora, nei temi in classe, sono ancora i clan ad essere protagonisti. Squarci di verità nei loro elaborati. Utili anche a comprendere le logiche delle bande, che per Anna, tredici anni, sono semplici e chiare: «Se qualcuno di un’altra zona avesse l’intenzione di farci del male o di ricattarci – scrive la bambina in un tema – loro ci difendono, ma se c’è tra loro una discussione non guardano in faccia proprio a nessuno e ci vanno di mezzo anche persone innocenti». I bambini guardano, osservano.

Alberto spiega le vite bruciate meglio di un trattato di sociologia: «La camorra a Miano c’è e noi la conosciamo bene perché si svolge tutto davanti a noi come per esempio a spacciare la droga che è una cosa che noi vediamo tutti i giorni. Molti ragazzi cominciano a spacciare a 13 anni diventano più importanti e una volta che ci sei entrato non ne esci più e se provi a uscirne vieni ucciso». Per Antonio, stessa scuola, la malavita ha anche degli aspetti positivi: «Nel mio quartiere – scrive – vedo di tutto, come droga, spacciatori, ecc. Ma non mi spavento. Noi cittadini ci siamo abituati. C’è gente che odia la camorra, io invece no, anzi a volte penso che senza la camorra non potremmo stare perché ci protegge tutti, pure il fatto del tutti pagano il pizzo non è giusto, ma chi paga resta protetto». E poi: «Quando scendo vedo bambini, perché sono bambini che spacciano, in grandi macchine, uno qualsiasi che lavora non se lo può permettere». Spaccio, pizzo, rapine, agguati: nei racconti lucidi e senza incanto dei bambini le periferie diventano luoghi dove tutto è possibile. Racconta Francesco: «Nel mio parco una sera spararono con la pistola a piombino e colpirono mia madre, anche un paio di anni fa stavamo un una farmacia, entrò un rapinatore e si prese tutti i soldi dalla cassa e la collanina d’oro di mia madre». C’è anche chi riconosce i propri vicini di casa in tv: sono gli autori dei gesti più efferati: «Quando esco con le mie amiche – racconta Elisa – vedo ragazzi che sui motorini sembrano i padroni del quartiere e a volte riconosco persone che escono sui giornali o nei telegiornali». È soprattutto l’arroganza delle sopraffazioni quotidianamente subite a colpire i ragazzi. Spiega Giovanni: «La cosa che mi dà fastidio è quando i figli di quelli grossi fanno i buffoni, ma alla fine sono nessuno perché sono bambini viziati. Nel mio quartiere si fanno le rapine alle ragazze e le borse le vengono a svuotare da noi e non capisco perché». Annalisa usa l’arma dell’ironia: «Ore 8: scendo per recarmi a scuola. Sotto casa c’è un biliardo. Come mi dà fastidio! C’è tanta gente con la faccia che non mi piace, e la sera vedo che si scambiano dosi sotto al mio balcone, mia madre mi chiede di andare a buttare la spazzatura e mi trovo una montagna più alta di me. Se decido di uscire le mie amiche non portano il casco perché si guastano i capelli e se mi fermo al rosso rischio di farmi tamponare perché al semaforo è vietato fermarsi». Alla D’Acquisto c’è una biblioteca intitolata ad Attilio Romanò, vittima innocente della faida: tutti gli studenti conoscono la sua storia e, finalmente, sono tutti d’accordo: non è giusto morire così, «solo perché ci si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato», come scrive Marco».
Una pagina incredibile, fatta di contrasti, luci e ombre che Daniela De Crescenzo seppe cogliere in pieno. In altri scritti, raccolti da altre scuole campane, i ragazzi dicono di voler cambiare la realtà e nei bisogni passa il vento di un tempo nuovo.
Dice bene il carissimo Paolo Siani quando parla dello stupore dei ragazzi che incontra nelle scuole. Di quelli che cercano la testimonianza di uomini e donne normali che hanno pagato un prezzo altissimo.
La scuola oggi è tante cose ma dalla scuola non si può prescindere. Lo sanno e lo dicono anche gli uomini delle istituzioni quando fanno riferimento al concorso di più cose per combattere e vincere davvero il crimine organizzato.
Sicché, una rivista dedicata interamente al fenomeno della camorra come questa non poteva non prescindere dal legame con le scuole della Campania. Un legame che va costruito sin da questo primo numero. Che è iniziato con il coraggio e la lungimiranza di due scuole «capofila» che sono, rispettivamente, a San Giorgio a Cremano e a Sant’Anastasia, in quella provincia di Napoli che diventa anche epicentro, assieme a quella di Caserta, del fenomeno camorristico in Campania.
Le scuole che aderiranno al Protocollo d’intesa, che abbiamo redatto per loro, inizieranno legame che si farà racconto per immagini, parole, foto. Andremo nelle loro classi, ricostruiremo gli stati d’animo, le piccole conquiste quotidiane. Sarà un lungo racconto che potrete seguire sul nostro portale web all’indirizzo lacamorra.it dove ogni istituto avrà le sue pagine, le sue cose da raccontare e le iniziative che già fanno nei loro percorsi didattici accanto ai reportage che realizzeremo assieme a loro.
Sarà un racconto in diretta che si potrà vedere da ogni parte del mondo per documentare la grande speranza di un riscatto sociale, la costruzione di una società futura che passa inevitabilmente per le scuole di ogni ordine e grado. Ciascuna delle scuole che aderirà al progetto della nostra rivista porterà un segno distintivo fuori ai propri edifici: una targa che abbiamo realizzato per loro e che dovrà servire per dare e darsi un segnale forte. «Questa è una scuola dell’anticamorra» scritto in alto sopra un disegno che ricorda la comunità scolastica. Ma la targa è solo il segno più plateale. Al fondo c’è di più. E’ scritto nello stesso protocollo d’intesa che firmiamo con le scuole della Campania. E’ scritto nel decalogo che abbiamo redatto per loro. La camorra nasce in mezzo ad una mentalità che spesso diventa il suo retroterra. C’è sempre un legame tra la mentalità camorristica e quella di chi non ha mai pensato di essere nella camorra ma, di certo, aiuta quel modo di pensare. Persino la «raccomandazione», come diceva Paolo Borsellino, o un viaggio tra i fenomeni di bullismo che anche nelle scuole della Campania si sono diffusi preparano il terreno alla camorra. Sono cose spesso silenti ma fanno vittime e creano un senso d’impotenza tra quei molti che le subiscono.

Il decalogo pubblicato di seguito mette le mani sulle dinamiche di ogni scuola, nel legame tra insegnanti ed alunni, nella possibilità che ogni insegnante ha per entrare nella vita e nei sogni dei ragazzi che si preparano ad essere adulti. Un buon insegnante può fare miracoli. Salvare decine di ragazzi dalla devianza e dal crimine. E’ accaduto in tantissimi casi che nemmeno sono stati raccontati. Ma è anche accaduto che quel legame privilegiato, quell’occasione unica data alla scuola e ai suoi insegnanti di entrare nella vita e nei sogni dei ragazzi in formazione non si sia mai creato. Anzi. Che sia stata vissuta come un fallimento quella incomprensione tra un insegnante e i suoi alunni. Su queste pagine, come sul portale internet, la vita della scuola e dei tanti istituti che vorranno «legarsi» a noi, mostrerà tutti i suoi aspetti. Senza artifizi, senza omertà. In fondo, come raccontava nel suo articolo Daniela De Crescenzo anche la scuola è fatta di luci ed ombre che vanno colte e raccontate. Ma la missione è alta e va perseguita.

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