L’eredità di Amato Lamberti che inaugurò con me questo percorso

di francesco de rosa |  

Amato Lamberti era nato il 6 aprile 1943 e morto il 28 giugno del 2012. Tra queste due data passa una vita, la sua. Una vita dedicata allo studio della sociologia, all’università, all’impegno civile, prima, quello politico poi. Ma Amato non fu mai un uomo dei partiti. Apparteneva alla società civile e di essa restò testimone fino alla fine. Soprattutto quando, come si racconta persino nel film su Giancarlo Siani, fu lui a supportare il lavoro entusiasta e coraggioso del giovane cronista napoletano morto per mano camorrista. In realtà, prima di quel 28 giugno del 2012, giorno della sua morte, venne l’otto maggio e venne presso l’Appartamento storico del Domenichino al Duomo di Napoli dove, quel giorno, era di martedì, inagurammo il numero primo di questa rivista.


Si trattò di una sorta di prova generale e quella prova venne molto bene. Quel pomeriggio a Napoli, c’era Aldo Masullo, Paolo Siani, il questore di Napoli, tutto il gruppo di Paolo Curtale che tanto avevano lavorato nella cattura di Antonio Iovine e aveva persino ispirato il titolo di copertina di quel primo numero della nostra rivista: «tre anni da incorniciare».

La lunga pausa che è seguita dopo quella inaugurazione non è mai stata il segno di una resa, ma lavorare ad un progetto così impegnativo onorando, ogni giorno, l’esclusivo spirito dell’impegno civile che si fonda e si deve fondare sempre sulla gratuità richiede una spiccata organizzazione, la capacità di conciliare, accanto alle attività del lavoro da cui trarre sostentamento, anche il tempo e una struttura concreta che sappia rendere operative tutte le azioni di cui il progetto de «la camorra, vista&rivista» si compone. La rete delle scuole, la composizione del menabò, la cura del portale che risponde all’indirizzo lacamorra.it e tutto il coinvolgimento per creare una redazione che funzioni bene. Ora quel lavoro deve riprendere. Dobbiamo farlo per molti motivi ma soprattutto per uno. Dobbiamo coinvolgere davvero e di nuovo istituzioni e professioni, uomini e temi in grado di dare a questo progetto la sua continuità, di farlo crescere, di renderlo strumento importante nelle mani, soprattutto, dei giovani che hanno bisogno di impegno e di testimonianze. Lo dobbiamo fare per tutto questo e per una ragione in particolare. L’otto maggio del 2012, alla presentazione del primo numero di questa rivista c’era Amato Lamberti esattamente come nella foto accanto che lo ritrae mentre sfoglia la rivista, curioso come un bambino che guarda, per la prima volta, qualcosa in cui ha sempre creduto: l’impegno contro tutte le illegalità.
Quando mi pervase l’idea che occorreva far (ri)nascere una rivista dedicata interamente ai temi dell’anticamorra Amato Lamberti fu il primo a cui parlai di quel mio intendimento. E lui non esitò un solo istante ad incoraggiare quel progetto. Anzi. Mi disse che sarebbe stato felice di essere con me nella costruzione di quel progetto. Conservo ancora i testi delle sue e.mail che seguirono ad un nostro incontro «de visu» presso il suo studio all’università. Quelle parole hanno il sapore di un testamento. L’otto maggio del 2012, l’ultima occasione di un incontro pubblico a cui Amato Lamberti partecipava, non sapevo che sarebbe stata una data che già contava. L’otto maggio del 1982 era nata la rivista dell’Osservatorio anticamorra a cui Amato Lamberti aveva dato la vita. Della felice coincidenza si disse commosso lui stesso nel corso del suo intervento pubblico. Disse che era il segno di un destino, un vero «passaggio di testimone» come i presenti di allora ricordano. Nessuno poteva sapere che da lì a poco Amato Lamberti sarebbe morto. Nemmeno io che non sapevo manco della malattia contro la quale stava combattendo. Ora, però, occorre onorare quell’impegno, quella comune passione che ci ha accomunati, quel commosso passaggio di testimone di cui Amato Lamberti l’otto maggio ebbe a dire.

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