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Con questo articolo, inizia la sua collaborazione con il portale di resistenza e approfondimento lacamorra.it e la rivista cartacea “la camorra vista&rivista“, il “nostro” caro Samuele Ciambriello. Lo farà lungo il percorso di una rubrica che abbiamo chiamato “vistidasamuele“. Samuele Ciambriello approfondirà i temi a lui più cari con uno sguardo diretto sui fatti e la sua proverbiale capacità di portarsi in prima linea come è accaduto sin dal principio nel suo ruolo di garante dei detenuti della Campania o nelle sue docenze, tuttora attive, dove profonde ogni legame d’empatia per condividere con i suoi studenti universitari slanci etici e linee d’orizzonte che facciano futuro. Tutta la redazione è lieta di averlo tra i suoi collaboratori. Ecco il suo primo articolo…


di samuele ciambriello


I romanzi televisivi ci hanno abituati alla camorra della finzione, tant’è che, oggi, abbiamo un ricordo offuscato di quella vera, che continua a influenzare il futuro della nostra regione, imponendo la legge dell’omertà e dell’obbedienza, e che stringe sempre più accordi oltre i confini, così da rimanere nella ‘rosa’ del crimine organizzato, collocandosi seconda alla ‘ndrangheta. La vera camorra, però, non è quella dei film, non spara e non si arricchisce più sulla povertà: al contrario, è divenuta una vera e propria azienda e ha imparato le regole dell’economica e, come tutte le criminalità organizzate, ha puntato tutti i suoi interessi sugli affari ‘meno rischiosi’: gli intrecci con la politica.

La Campania è una delle regioni d’Italia con il più alto numero di enti locali sciolti per infiltrazione mafiosa: numeri da far tremare i polsi a chiunque e che, ancora una volta, ci restituiscono il senso fallimentare di una normativa che non indebolisce affatto il Crimine. Lo scioglimento di Comuni per mafia segue una disciplina che, se solo venisse ripensata e ridisegnata, potrebbe essere eretta a vero strumento di contrasto. Se è vero che il ruolo centrale delle autonomie locali nel nostro sistema democratico rende necessaria una risposta tempestiva ed efficace dello Stato per contrastare la crescente capacità di penetrazione della criminalità organizzata nelle istituzioni e nell’economia legale, per cui sarebbe indispensabile il ricorso all’istituto del commissariamento in situazione patologiche della vita democratica dell’ente locale, è altrettanto vero che, così come allo stato, altro non è che una inflizione verso la cittadinanza, che viene toccata direttamente, poco o forse nulla, dalla Camorra che si infila negli affari di appalti e concessioni. Sciogliere un intero Comune per infiltrazione mafiosa, con contestuale nomina di un Commissario, e quindi anche la perdita di identità per intere collettività, altro non è che una sanzione collettiva, che non dovrebbe mai prevale sulla responsabilità individuale e personale. Se la responsabilità penale è personale – e lo dice la nostra Costituzione – perché in materia di infiltrazione mafiosa negli enti si perde questa individualità, a tal punto da togliere tutto il suo Governo? Qualcuno potrebbe obiettare sostenendo che le infiltrazioni mafiose e la corruzione sono un ostacolo alla democrazia locale, ma non lo è forse anche il togliere ad una città l’intero apparato amministrativo, imponendo una figura che, seppure super partes, non è affatto espressione della volontà del popolo?
Il senso di questa contestazione generale della norma non deve essere letto come uno slogan di chi abbraccia il garantismo, quanto più come una battaglia per la tutela dei diritti dei cittadini. Ripensare la disciplina dello scioglimento degli enti locali per infiltrazione mafiosa equivale a ripensare una norma che, negli anni, ha dimostrato di non essere abbastanza efficiente per contrastare il Crimine, che sa cambiare volto e aspetto, così ogni volta rendendoci impreparati.

Nella foto sopra Samuele Ciambriello
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